Ci sono posti che trascendono la loro stessa esistenza, smettono di essere definiti dalle città o dalle bellezze naturali, non sono descritti nemmeno dai parchi, dagli abitanti o dai luoghi di culto ma diventano un simbolo, creato dall’immaginazione. Il Giappone è uno di questi posti. Non è per la sua storia millenaria, per la pulizia delle sue strade, o quantomeno non è più solo per le sue stranezze che il Giappone campeggia nel nostro immaginario. Un immaginario fatto di Samurai e Goldrake, Geishe e Cosplay, giardini zen e grattacieli.
“In questo paese non c’è nulla che stoni, nulla fuori di posto o fuori di proporzione, pare che ogni cosa sia messa lì per l’effetto d’insieme, come sopra un immenso scenario, si tratti di una casa o d’un albero o d’una banderuola.”
Luigi Barzini in Dall’impero del Mikado all’impero dello Zar (1908)
Un’intera generazione di bambini e ragazzi lo ha conosciuto negli anni ’80, quando per i loro genitori il Giappone era solo un produttore di macchine fotografiche e motociclette. Sembra incredibile ma i cartoni animati hanno contribuito in maniera sostanziale a formare quell’immaginario collettivo costellato di gente in kimono, tazzoni di ramen e razzimissile. Quel mondo curioso disegnato, a partire dagli anni ’80, nella fantasia dei ragazzini sopravvive tuttora a Tokyo, Hiroshima, nelle stradine di Kyoto attorno al Kiyomizu-dera o in un qualsiasi altro quartiere di Osaka.
Con questi presupposti, il viaggio in Giappone, non può essere banale. E così capita di seguire il filo sottile della curiosità imparando a non desistere, a non mollare anche quando, e in Giappone capita spesso, nessuna domanda trova soddisfazione.
“la cosa che continuava ad attrarlo nel Giappone era il fatto che ci fosse sempre qualcosa che non si capiva del tutto. Polese non si riferiva al mito del Giappone enigmatico e misterioso, ma alla grande varietà (iroiro, per l’appunto) di cose, informazioni e valori spesso nascosti dalle complicate regole di una società gerarchica e da una scrittura particolarmente difficile”
Giorgio Amitrano in IROIRO
In questo modo diventa facile perdersi negli spazi liberi, compresi e compressi, tra il l’high tech da un lato, e il mistico dall’altro. Da fuori sembra un paese senza mezze misure, quello del sol levante, ingessato dai contrasti. Ma è sufficiente mezz’ora passata in un vagone della metro per distinguere un’ampia varietà di stili e emozioni e modi di vita, messi in mostra secondo convenzioni a noi sconosciute.
È un territorio tutto da scoprire dove si muove un quotidiano tanto timido e riservato nelle maniere quanto sfacciato, intenso, nei colori e nelle forme.